martedì, 22 Aprile 2025
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Gravina, Supersantos (Uno che ce l’ha fatta): a teatro con Donato Paternoster

Tratto da una storia vera. Intervista all'attore protagonista.

Donato Paternoster, attore e gravinese doc, torna a teatro con uno spettacolo particolare e coinvolgente. Già il titolo è tutto un programma: Supersantos (Uno che ce l’ha fatta).

Ispirato ad una storia vera. Una promessa del calcio di provincia, un ragazzo che negli anni 90 rinuncia agli scarpini e alla serie A per rientrare nel mondo scalzo, da frate francescano. Come è potuto succedere? Cosa significa scegliere? Ma il successo, il denaro e l’eterna giovinezza non sono i soli parametri della rispettabilità sociale? Nella vita di ognuno di noi, silente, c’è quello che nel Duecento umbro si chiamava cerca: dare un significato più alto alla propria esistenza. Oggi diremmo: realizzarsi, monetizzare il proprio talento. Può capitare però che darsi un certo obbiettivo non coincida con la cerca del vero sé stesso, ma sia l’espressione inconscia di una forma di riscatto collettivo. 

Abbiamo raggiunto telefonicamente Donato per una piacevole chiacchierata.

Parlaci di te e di quello che fai partendo da 3 aggettivi

Sono un attore in una continua ricerca di storie da raccontare perché, come dico anche nello spettacolo, in questo momento storico ne abbiamo bisogno. Le storie, i racconti ci servono ormai come fare il pane o costruire un tavolo, poiché le nostre conversazioni riguardano ormai cose lette o già sentite. Abbiamo bisogno di ritornare coi piedi per terra. In questo momento sono determinato, ma anche un po’ disilluso dal nostro mestiere ma paziente. Ecco i 3 aggettivi.

Supersantos ha molteplici significati e mescola più elementi, come nasce l’idea di questa storia?

Supersantos nasce durante il covid. Tornato a Gravina ho riscoperto questa storia che già conoscevo e che, oltre ad avere con me in comune un appartenenza territoriale nei luoghi e nei fatti, mi ha portato anche a riscoprire l’importanza della scelta. Così ho pensato che fosse il momento giusto per me e per ognuno di noi di raccontare questa storia.

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“Uno che ce l’ha fatta” è il sottotitolo, serve a darci una spinta a credere che ognuno di noi può farcela nella vita? O c’entra la fortuna?

Ha un doppio significato: era molto raro da bambini negli anni 80 vedere un ragazzo che dalla provincia del sud potesse giocare in serie A. Quindi, se capitava, quel qualcuno ce l’aveva realmente fatta ed era anche un simbolo di riscatto quasi per tutti noi, ma soprattutto uno che ce l’ha fatta perché ha scelto! Ha scelto di rinunciare a qualcosa che aveva sempre desiderato per accogliere la vita che realmente lo aspettava.

Il tuo legame con Gravina è importante? È difficile fare teatro e arte qui?

Ovviamente è sempre forte e importante il legame con la terra in cui sei nato anche se mi riconosco sempre meno e a volte mi rendo conto che sono legato a dei ricordi o a delle persone e non al tessuto sociale gravinese. Ho avuto molta difficoltà a trovare uno spazio adeguato per l’evento culturale. Non ci sono spazi pubblici adeguati e quelli che ci sono non hanno risorse, personale e attrezzature per poter realizzare al meglio un progetto artistico.

Scegliere è un concetto importante nello spettacolo. Quale è la scelta migliore o peggiore che hai fatto? E a cosa hai rinunciato?

La scelta migliore è stata quella di fare questo mestiere e peggiore forse quella di aver scelto di fare questo mestiere. E quando ho deciso, ho rinunciato a possibili altre strade più sicure e stabili.

Prossimi appuntamenti e impegni lavorativi?

Dal 2 al 26 novembre sarò in scena a Milano con un progetto su Cernobyl e, subito dopo, sarò a Roma proprio con Supersantos.

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