giovedì, 25 Aprile 2024
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Storie dal Perinei: il racconto di Antonio

In questa puntata la storia di un paziente che si è sentito un peso

La nuova rubrica settimanale IlTag.it con i racconti e le testimonianze dirette.

La testimonianza di oggi è l’esperienza di Antonio, in ospedale per un intervento.

Ecco il racconto di Antonio, amareggiato per il trattamento ricevuto.

“La mia è la storia di un ricovero, di una degenza ma anche una riflessione postuma su come è organizzato, quello che succede in ospedale e il modo che ha chi ci lavora di relazionarsi con i pazienti. Mi sono recato all’ospedale Perinei per un intervento all’anca, operazione andata bene e speravo di cavarmela in pochi giorni in ospedale.

I giorni sono diventati una settimana. Ma non è questo il punto. Per il tipo di operazione che ho fatto, avevo bisogno costantemente di essere spostato e aiutato.

Quello che ho trovato in ospedale è un personale sanitario che mi ha fatto sentire un peso, addirittura mi è stato detto “devi dimagrire” con il tono di rimprovero e lo sguardo schifato.

Facce scocciate, sbuffi continui e tono di voce alterato. Non mi sono sentito di controbattere al momento, ero profondamente dispiaciuto e rammaricato di essere lì a disturbare. Ho chiesto solo scusa e detto mi dispiace, non volevo essere un problema. Inoltre mi è capitato diverse volte che parlassero di me, mentre mi cambiavano, come se non ci fossi o fossi trasparente. Senza il minimo tatto. I pazienti per loro sono invisibili, sono numeri, terapie, posti letto, ingombri. Peggio ancora nei corridoi, parlano delle persone facendo nomi e cognomi in termini poco lusinghieri, come rompiscatole e non vedono l’ora di liberarsene o passare la patata bollente al collega al cambio turno.

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Adesso che sono a casa ho avuto modo di riflettere. Penso che i luoghi di cura della salute dovrebbero essere posti in cui una persona debba sentirsi al sicuro, protetta, tutelata, ben voluta. Chi sta male deve sentire di potersi affidare completamente e in tutta sicurezza alle cure mediche, non un’incombenza pesante o una scocciatura. Ne va molto anche dell’equilibrio mentale di una persona, certi commenti e parole sprezzanti sono difficili da dimenticare.

Io non penso scorderò questa spiacevole esperienza.

Nessuno di noi vuole andare in ospedale, preferirebbe stare a casa, e capisco anche che chi ci lavora fa turni massacranti. Ma trattare i ricoverati come una palla al piede lo considero proprio il fallimento della società. Ora, prima di tornare un’altra volta in ospedale, avrò il terrore non tanto per la condizione di salute ma di come sarò trattato”.

APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA PUNTATA PER UN ALTRO RACCONTO!

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*le testimonianze resteranno anonime

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