venerdì, 19 Aprile 2024
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Tragedia di Santeramo, i Centri antiviolenza di Puglia contro alcuni organi di stampa

Dure critiche contro la diffusione di dati e fatti personali sulla donna ritrovata a Santeramo

Ha scosso l’opinione pubblica il ritrovamento, lo scorso 9 febbraio, nelle campagne di Santeramo, del corpo carbonizzato di una donna di oltre 50 anni. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri di Altamura coordinati dalla Procura di Bari che ha aperto un fascicolo per “istigazione al suicidio” senza escludere altre ipotesi, per accertare fatti ed eventuali responsabilità. Nei giorni scorsi, nonostante la riservatezza degli inquirenti  e il silenzio chiesto dalla famiglia, sugli organi di stampa sono apparsi dettagli personali della vittima di Santeramo. Notizie che hanno indignato gli operatori della Rete Antiviolenza Pugliese autori di una nota rivolta agli organi di stampa per chiedere rispetto per la vita di questa donna.

“Vi è una donna la cui vita è finita in modo violento, difficile persino da immaginare, vi sono figli e familiari travolti dal dolore ed è intuibile che vi sia un contesto complesso che può aver determinato il tragico epilogo. Invece di attendere le risultanze delle indagini e rispettare la riservatezza sull’identità della donna e sulla sua immagine, sulle problematiche personali che hanno attraversato il suo vissuto, alcuni organi di stampa online e cartacei hanno pubblicato foto della donna e hanno riportato dettagli, circostanze e scelte compiute dalla stessa alla ricerca di motivazioni che possano spiegarne la morte – si legge nella nota – Ricordiamo che la famiglia ha chiesto pubblicamente il rispetto della riservatezza per proteggere la dignità della donna e del suo contesto più prossimo. Ciononostante la stampa persiste con comportamenti che sono in aperta violazione con quanto previsto dal Testo Unico dei Doveri del giornalista del 2021 che richiede nei casi di suicidio di non pubblicare foto, non rivelare l’identità della persona e tantomeno riferire i problemi personali”.

Di qui la richiesta “a chi scrive articoli e a chi impropriamente diffonde particolari sulla vita della donna che non ha più la propria voce, di porre fine allo stillicidio di notizie, come peraltro accade quasi sempre nei casi di femminicidio, e di non acuire in tal modo il dolore delle persone che le vogliono bene. Evidenziamo ancora una volta come la stampa nella quasi totalità continui a veicolare stereotipi e pregiudizi che minimizzano sia la gravità delle violenze subite dalle donne, sia le responsabilità degli uomini che la agiscono, alterando così le reali dinamiche dei fatti. Chiediamo che questo stato di cose cambi subito”.

“Noi centri antiviolenza entriamo ogni giorno in contatto con le donne che cercano di salvarsi e liberarsi dalla violenza maschile, soprattutto dalla violenza domestica e dalla violenza assistita dai figli/e minori e sappiamo quanto siano dannosi i comportamenti di istituzioni e del sistema dei servizi quando chiunque, in modo poco professionale e poco consapevole, diffonde notizie e dati che debbono rimanere riservati nel rispetto della dignità delle persone coinvolte e dell’efficacia degli interventi in atto. Auspichiamo invece che sul disagio delle donne, sul suicidio, sulla violenza maschile e di genere, sul disagio sociale si sviluppi in tutta la società l’attitudine a farsi carico di tale problematiche attraverso la formazione, l’attenzione, l’azione e il rispetto necessari a prevenire gli esiti più letali”.

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