La nuova rubrica settimanale IlTag.it con i racconti e le testimonianze dirette.
La testimonianza di oggi è l’esperienza di Piero e del ricovero dopo un delicato intervento.
Ecco il racconto di Piero che ci parla della sua degenza post operatoria e della solitudine dei pazienti.
“Racconto la mia storia e la mia esperienza all’ospedale Perinei, per metà positiva e per metà negativa. Qualche mese fa ho subito un intervento programmato di angioplastica carotidea, un’operazione molto delicata. L’intervento si svolge con l’inserimento, in anestesia locale, di sottili cannule all’altezza dell’inguine per eliminare ostruzioni nelle arterie carotidee che portano sangue al cervello. L’intervento è andato molto bene e anzi mi complimento di cuore per la preparazione, la professionalità e l’educazione dell’intera equipe. Davvero un’eccellenza del nostro ospedale di cui andare fieri.
Dopo l’operazione mi hanno riportato in stanza, dottore e infermieri mi hanno avvertito che era necessario che io mantenessi la gamba assolutamente ferma per non muovere lo stent. Così ho passato la notte con dolori post anestesia e con questa gamba che non potevo muovere e che mi faceva malissimo.
Fin qui tutto ok, sapevo che il post operatorio non sarebbe stato una passeggiata. Durante la notte sento la necessità di bere, avevo tanta sete e le labbra molto secche. Mi accordo però di non avere con me il campanello per chiamare l’infermiere di turno. Così nel buio lo cerco, impossibilitato a muovermi non lo trovo vicino a me. Mi accorgo, inoltre, di essere aggrovigliato nei cavi e di avere difficoltà nel più piccolo movimento. Ho necessità però di chiamare l’infermiere per essere aiutato anche a sbrogliarmi. Così provo a mettermi un pò seduto, cercando di non muovere eccessivamente la gamba, con l’obiettivo di individuare il campanello d’aiuto per avere assistenza.
Nel momento in cui mi metto seduto, un infermiere mi guarda dal corridoio ed entra in stanza urlando. Di notte e svegliando per giunta il mio compagno di stanza. Provo a spiegargli che non volevo muovermi ma che cercavo appunto il campanello per chiedere assistenza. Lui non ascolta assolutamente le mie parole e continua ad aggredirmi come fossi un bambino. A quel punto resto in silenzio e mi scuso, anche se accusato ingiustamente.
Non era mia intenzione muovermi, anche perchè era contro il mio interesse visto che sapevo fosse rischioso. Ma ero stato abbastanza cauto e in effetti non era successo nulla di grave.
Sono, però, rimasto molto male per quel rimprovero e per tutta la notte, anche nei giorni a seguire, ho cercato di disturbare il meno possibile il personale sanitario.
Quello che dico è: capisco tutto ma ci sono modi e modi di rivolgersi ai pazienti. Inoltre, con le normative Covid, non viene permesso ad un parente di assistere il paziente nemmeno il giorno dell’operazione e quindi ci si affida completamente al personale sanitario. Sicuramente la mole di lavoro per loro sarà intensa, i turni massacranti, pazienti che suonano per un nonnulla ma questo non giustifica il comportamento irrispettoso. Credo sia necessario, per tutti i pazienti ricoverati dopo un intervento, di avere qualcuno che li accudisca almeno durante la prima notte. E’ fondamentale si faccia qualcosa al riguardo, perchè i pazienti così si sentano soli, abbandonati ed un peso per la sanità”.
APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA PUNTATA PER UN ALTRO RACCONTO!
——————————————————–
SE ANCHE TU HAI UNA STORIA DA RACCONTARE* e vuoi condividerla, SCRIVICI A redazione@iltag.it
*le testimonianze resteranno anonime