Sessanta centesimi in più sul costo complessivo per un chilo di pane. Questa l’ultima decisione assunta dai panificatori che nella giornata di oggi si è abbattuta sulle tasche dei gravinesi. Inutile sottolineare le polemiche che da giorni stanno infiammando le piazze reali e virtuali del paese, perché se da una parte i consumatori lamentano l’ennesima stangata a fronte di “stipendi che non aumentano mai” dall’altra i panificatori si difendono e difendono le proprie attività dal “reale rischio di chiusura”.
A dare voce alle difficoltà dei produttori gravinesi è Luigi Corrado, cinque generazioni a servizio della produzione di pane e derivati: “ L’aumento del costo del pane è purtroppo la diretta conseguenza dell’aumento dei costi di produzione. Già lo scorso anno abbiamo subito l’aumento dei costi del grano e quindi della farina. Da quest’anno si sono aggiunti i maggiori costi di gas ed elettricità e infine, sembra quasi una beffa, il costo della legna che è diventata difficile anche da comprare”.
Corrado è solo uno dei tanti esempi di esercenti che hanno visto triplicare i costi di energia: “lo scorso anno la bolletta di settembre era di 1.100 euro. A settembre 2022 ho pagato 3400 euro di elettricità a cui si sommano i costi della legna che è passata in poche settimane da 10 euro al quintale a 15 euro al quintale. Come devo fare se non aumento il prezzo del pane? Stiamo provando a mantenere inalterati i prezzi degli altri prodotti da forno, focacce in modo particolare, ma con i pomodori a 5 euro il kg come faccio a vendere la focaccia a 3 euro?“
Sui social alcuni utenti invitano alla “mobilitazione contro il caro pane” puntando il dito contro i panificatori che intanto hanno chiesto un incontro al primo cittadino Fedele Lagreca “perché vogliamo che ci aiuti a spiegare alla gente che non siamo ladri, siamo commercianti che devono difendere la loro attività. Abbiamo già ridotto da tempo i nostri margini di guadagno pur di mantenere gli stessi prezzi ma ora si tratta di decidere se vale la pena alzare la saracinesca la mattina o è meglio chiudere”.
Del resto il “pane è sottocosto da anni” si giustificano gli altri panificatori consapevoli che nel nord Italia un chilo di pane costa 8 euro.
“A Gravina paghiamo le stesse tasse dei panificatori del nord, paghiamo gli operai, abbiamo maggiori costi di trasporto delle materie prime. E allora come si fa ad andare avanti?” si chiede Corrado specificando che “dagli anni ’80 il pane non è più in vendita a prezzi calmierati perchè non è più un bene di prima necessità”.
Preoccupazione sintetizzata in un comunicato della Assipan, l’associazione nazionale dei panificatori secondo cui “Abbiamo non più di sessanta giorni davanti – afferma il Presidente Nazionale Assipan Confcommercio Antonio Tassone – il rischio, dobbiamo dircelo, è che tra un paio di mesi il pane artigianale possa sparire dalle tavole degli italiani. Le piccole e medie imprese di questo passo scompariranno lasciando spazio ai grandi operatori industriali”.