martedì, 3 Dicembre 2024
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Gravina, Pamela Loverre: esperta e appassionata di ragni

Intervista alla ricercatrice, docente, fotografa della natura

Una recente classifica, sulle paure più diffuse tra gli italiani, colloca l’aracnofobia tra i primi posti insieme alla paura di parlare in pubblico, degli spazi aperti, degli spazi piccoli, delle altezze e dei serpenti.

La fobia per i ragni non preoccupa però la gravinese Pamela Loverre, anzi l’appassiona. Dottore Agronomo con Laurea in Medicina delle Piante con un Dottorato di ricerca (anche all’estero) in Protezione delle Colture. Ha svolto attività di ricerca in particolare sulla Araneo-Fauna pugliese e, nel corso di un assegno di ricerca, ha approfondito lo studio dei ragni del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Dal qualche anno è docente delle materie di indirizzo nelle scuole superiori ad indirizzo Agrario, dal 2019 insegna alla scuola superiore Professionale Agrario di Gravina.

Data la particolare e insolita passione, abbiamo contattato telefonicamente la dott.ssa Loverre per una piacevole chiacchierata.

Come nasce la passione per i ragni?

Ho iniziato a studiare i ragni nel lontano 2006, quando il mio professore di tesi mi propose di realizzare una ricerca sul ruolo dei ragni nel controllo naturale degli insetti dannosi alle colture. Da quel momento ho trasformato la mia aracnofobia in una grande passione per questi animali, davvero molto affascinanti. Così ho iniziato ad occuparmi dello studio dell’araneofauna della Puglia, svolgendo indagini faunistiche in ambienti coltivati e in diverse aree naturali ad elevato interesse naturalistico come ad esempio il Parco Nazionale dell’Alta Murgia. 

Quante specie sono presenti sul nostro territorio e che importanza hanno?

I ragni rappresentano uno dei più importanti gruppi di predatori in numerosi ecosistemi, abbondante e diversificato sia a livello del suolo sia negli strati della vegetazione. In Puglia il numero di specie o sottospecie riportate ammonta a 377, di cui 24 endemiche ovvero esclusive del nostro territorio (fonte: Pantini P., Isaia M., 2019). 

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Questi animali sono tutti carnivori e predatori nutrendosi di prede vive, principalmente di insetti e altri artropodi, inclusi altri ragni. Essi pertanto costituiscono un anello importante delle catene alimentari, oltre che un importante mezzo per la limitazione delle popolazioni insetti dannosi all’uomo. Le ricerche condotte in diversi agroecosistemi, sia erbacei che arborei, hanno appurato inoltre che questi animali possono rappresentare un importante fattore di controllo degli insetti fitofagi, ovvero di quelle specie dannose alle colture di interesse agrario. 

Che pratiche dovrebbe seguire l’uomo per salvaguardare piante e animali?

Purtroppo la maggior parte delle attività umane ha un impatto negativo sull’ambiente. Nel corso del tempo l’uomo ha alterato gli ecosistemi e gli habitat naturali, prelevando risorse e causando degrado e perdita di specie vegetali e animali. Quindi fondamentalmente la salvaguardia della diversità a livello specifico passa attraverso la tutela degli ambienti in cui le specie vivono. Il primo passo è quindi interrompere la perdita degli habitat naturali. L’UE dispone di strumenti operativi per la conservazione della biodiversità, come ad esempio la Direttiva Habitat (92/43) che ha appunto l’obiettivo di contribuire alla salvaguardia della biodiversità attraverso la conservazione degli habitat.  

La faccenda non è semplice. Soprattutto perché nella maggior parte dei casi gli interessi economici superano le necessità di tutela dell’ambiente. Per esempio, la costante crescita della popolazione mondiale determina un maggiore fabbisogno di cibo; per far fronte a queste esigenze l’agricoltura si appropria di aree naturali e le destina alla coltivazione di vegetali o all’allevamento di animali. Nel tempo l’agricoltura è diventata specializzata e intensiva e ha fatto ricorso ad un utilizzo massivo di fertilizzanti e di prodotti fitosanitari. Queste scelte hanno avuto un impatto negativo sull’ambiente e una graduale riduzione della biodiversità negli ecosistemi. 

Il Bosco Difesa Grande resiste nonostante gli incendi?

Ogni anno nel mondo si sente parlare di incendi, soprattutto in corrispondenza della stagione estiva. E purtroppo il SIC Bosco Difesa Grande non è da meno. Purtroppo sappiamo anche che, la maggior parte degli incendi, è di origine dolosa e spesso sono ragioni socioeconomiche a muovere la mano di questi criminali. 

Non occorre essere un esperto per constatare lo scempio causato dai ripetuti incendi che negli anni hanno distrutto estese aree del Bosco Difesa Grande. Gli incendi danneggiano o distruggono completamente non solo la vegetazione arborea, arbustiva e erbacea dell’area percorsa dalle fiamme ma anche la fauna e il suolo. Per non parlare del rilascio di CO2 nell’atmosfera prodotte durante la combustione. Gli effetti degli incendi si osservano sia nel breve che nel lungo periodo. Il bosco nel tempo risponde a questi cambiamenti, il più delle volte causati dall’uomo come ad esempio gli incendi, i tagli, il pascolo intensivo. Lentamente, nell’orizzonte di decenni, riconquista terreno.

La foto più bella o che l’ha emozionata di più?

Ho iniziato a fotografare in occasione del progetto “Gli Artropodi del Parco Nazionale dell’Alta Murgia”. L’idea era quella di fornire, oltre a dati aggiornati sugli artropodi del Parco, materiale fotografico originale relativo alle specie più comuni e diffuse nel nostro territorio. Pertanto mi sono avvicinata alla macrofotografia e credo di essere ancora molto legata a questo genere fotografico che mi ha sempre permesso di esaminare da vicino e zumare su alcuni particolari del microcosmo animale e vegetale. 

Sicuramente le foto più belle sono quelle che testimoniano la presenza di endemismi e specie rare nel nostro territorio. Perché per me la fotografia non è fine a sé stessa. Rappresenta in primo luogo uno strumento per la diffusione della conoscenza, in particolare, nel mio caso, quella naturalistica.  

L’aspetto della fotografia che mi emoziona di più è la ricerca del soggetto fotografico e la sua osservazione e documentazione nell’ambiente naturale. Negli ultimi anni questa passione mi ha permesso di far parte dell’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani (AFNI). E di partecipare ad una serie di iniziative finalizzate alla tutela e valorizzazione, attraverso la fotografia, di aree naturali della Puglia.  

Come trasmette ai suoi studenti, da insegnante e appassionata, il rispetto per l’ambiente?

L’insegnamento è sicuramente la sfida più ardua ma anche quella più esaltante. Dal 2019 sono una docente presso l’indirizzo “Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane” dell’istituto IISS Bachelet – Galilei di Gravina in Puglia. Insegno le discipline caratterizzanti come ad esempio Tecniche delle produzioni Vegetali e Animali ed Agricoltura Biologica e Sostenibile. 

La mia scuola è immersa in un territorio con una forte vocazione agricola in cui si intrecciano campi coltivati ed aree naturali ad elevato interesse naturalistico. Pertanto, l’insegnamento delle discipline agrarie è fondato su modelli di agricoltura sostenibile che puntano alla conservazione della biodiversità sia agraria che naturale. Come le produzioni integrate e biologiche, l’attività agricola multifunzionale e la diffusione di tutte le buone pratiche nella gestione delle aziende agricole finalizzate alla conservazione e valorizzazione della natura. È importante mettere in evidenza come ogni azione umana, e nello specifico come ogni intervento agronomico, possa avere un impatto negativo sull’ambiente. A maggior ragione se effettuato in modo non corretto.  

Il rispetto per l’ambiente passa attraverso la conoscenza del territorio. Viene acquisito dai ragazzi attraverso un duro lavoro di sensibilizzazione nei confronti di queste tematiche. La sfida è stimolare nei futuri operatori del settore agrario una intelligenza naturalistica, ancor prima di una crescita professionale. 

Quali attività svolge con i ragazzi?

In questo lavoro è fondamentale trasmettere conoscenze ma anche esperienze. Numerose iniziative realizzate anche in collaborazione con enti pubblici e privati del territorio ci permettono di arricchire il processo apprendimento. Per esempio, le attività laboratoriali che svolgiamo in campo presso i terreni della Fondazione E.P. Santomasi (in collaborazione con il Club Lions di Gravina) o presso Hortus, il giardino delle Officine Culturali, hanno un ruolo chiave nell’educazione ambientale dei nostri studenti. Abbiamo realizzato, inoltre, laboratori pratici nell’ambito del settore forestale presso il Vivaio Forestale San Nicola Lamacchia, ubicato presso il nostro SIC Bosco Difesa Grande. Partecipato al progetto “Progettiamo Bird Friendly”, promosso dalla LIPU di Gravina e finalizzato alla sensibilizzazione degli studenti di agraria all’importanza della tutela e della conservazione della fauna selvatica. 

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