venerdì, 13 Settembre 2024
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Siamo MITIci: storie senza tempo. Rubrica su mito e contemporaneità

Seconda puntata "Il mito della bellezza"

Nuova rubrica del Tag.it in collaborazione con la docente di latino e greco Anna Cornacchia.

Storie senza tempo in cui il mito sopravvive anche ai giorni nostri.

Il termine mythos indicava, in origine, ogni racconto in cui si cercava di dare una risposta, dettata dall’immaginazione, agli interrogativi sulla genesi dell’Universo, sull’esistenza umana, sui fenomeni naturali, sulle cause degli avvenimenti, sui sentimenti, sulle emozioni e sui comportamenti degli uomini.


L’uomo antico si sentiva circondato in ogni sua esperienza da forze sconosciute, sia benigne sia maligne. Egli avvertiva tali presenze e successivamente, ricordando le proprie impressioni, le personificava e le rendeva autonome figurazioni mitiche che prendevano vita in racconti affidati alla tradizione orale.

Anche oggi il mito contiene un patrimonio di idee, tradizioni, istituzioni sociali e religiose, genealogie che costituiscono tutta la cultura occidentale, nel senso lato del termine.

Nei racconti mitologici ciascuno si riconosce, si identifica e ritrova i valori della civiltà a cui appartiene. Il mito permea di sé la poesia e tutte le arti, come paradigma etico ed estetico.

Nel nostro inconscio collettivo permangono contenuti mitici, divenuti l’espressione universale di desideri, necessità, aspirazioni, fantasia e problemi di ciascuno di noi.

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Il mito della bellezza

La Primavera (Botticelli)

Nella Grecia classica la dea della bellezza era Afrodite, che i Latini chiamavano Venus-Venere. Secondo il mito, emerse nuda dalla spuma del mare e abitò prima a Citera, poi a Cipro. Ufficialmente era la sposa di Efesto-Vulcano, il dio-fabbro, ma fu compagna di molti dei, eroi e mortali: dal suo rapporto con il troiano Anchise nacque Enea che fondò Roma. Afrodite-Venere fu la personificazione dell’amore e della bellezza a vari livelli: dall’incontro erotico all’istinto sessuale, alla forza generatrice della natura.

Il poeta-filosofo Lucrezio nel I secolo a.C. dedicò a Venere un bellissimo Inno, considerandola il principio generatore della vita.

Il potere seduttivo della dea vince anche gli dei: primo fra tutti Zeus-Giove che, quando è preso dall’amore, non esita a trasformarsi in toro, cigno o aquila, pur di arrivare a possedere l’oggetto del suo desiderio. 

Il pittore Sandro Botticelli (1445-1510) lesse, per suggerimento di Agnolo Poliziano, i versi del proemio del “De rerum natura” di Lucrezio e da essi fu ispirato per la composizione del suo celebre dipinto, La Primavera.

La descrizione del quadro

La lettura del quadro procede da destra a sinistra: sullo sfondo di un bosco di aranci, entrano in scena con impeto Zefiro e Flora; la descrizione continua con vigore nei contorni sinuosi del corpo e delle vesti di Primavera. Venere, genitrice, campeggia isolata e in quiete, al centro del quadro.

Il ritmo figurativo riprende nella parte sinistra della tavola con le curve e l’intrecciarsi dei corpi delle Grazie e con lieve movimento dei sottilissimi veli. Mercurio conclude la figurazione mitologica. Un prato cosparso di fiori contribuisce a sottolineare l’incantesimo del mito pagano.

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