Smart working e nuove procedure.
Lavoro agile, da remoto o smart working. Abbiamo ormai familiarizzato con questi termini a seguito della necessità, imposte dalla pandemia, di svolgere per molti la propria occupazione da casa
Con il decreto Aiuti bis e il DL Semplificazioni, da poco approvati al Senato, ci sono una serie di novità nell’ambito del lavoro agile.
Per i privati, il 31 luglio è terminata la possibilità di svolgere smart working al 100% per alcune categorie specifiche di lavoratori (lavoratori fragili e genitori di figli under 14) che potevano usufruirne senza necessità di accordi individuali. Ora i giorni di lavoro da casa andranno concordati con l’azienda, informalmente fino al 31 agosto, perché è in vigore lo smart working semplificato.
Smart working semplificato da settembre
Smart working: ecco le nuove procedure.
Il cambiamento più significativo però si avrà da settembre. Dal 1° settembre i datori di lavoro saranno tenuti a comunicare al Ministero del Lavoro, in via telematica, la data di inizio e la fine delle prestazioni in lavoro agile dei propri dipendenti.
Finisce quindi l’era dello smart working totale. La presenza torna obbligatoria, ma in azienda l’aria è cambiata e indietro non si torna.
Il 58% delle aziende in Italia fa difficoltà ad assumere o trattenere i dipendenti se non viene garantito lo smart working. Secondo un’indagine Ocse, il 70% dei lavoratori si aspetta di poter continuare a lavorare in smart working, il 12% di loro vorrebbe uno smart working totale mentre la restante parte preferirebbe un modello ibrido.
Mentre in Europa si assiste ad una crescita costante del lavoro a distanza, in Italia c’è una propensione al rientro in ufficio per la maggioranza delle ore di lavoro. Su 8 milioni di potenziali smart worker italiani (tra 6,4 milioni di smart worker “estensivi”, in grado di compiere a distanza tutte le attività, e 1,6 milioni “ibridi”), solo un terzo oggi lavora da remoto per almeno un giorno a settimana.
Ci sono anche differenze territoriali. Il 15,5% dei lavoratori del Centro Italia lavorano almeno in parte da casa. A seguire il Nord-Ovest (15,2%) e il Nord Est. Isole e Sud Italia molto distanti da questo cambiamento: lavorano almeno in parte da casa rispettivamente il 9,3% e il 9,1% degli occupati.