Lo spirito del Natale è ovunque in questo periodo dell’anno ma sempre vivo nei luoghi di sofferenza e guarigione. Negli ospedali a transitare ogni giorno sono pazienti, medici, infermieri, familiari e, con loro, tante storie, differenti vissuti, molte esperienze e stati d’animo contrastanti.
Per l’anno nuovo, molti si affidano alla famosa letterina del buoni propositi, con l’augurio di seguire quelle indicazioni di comportamento e sentire di aver portato a termine un obiettivo (piccolo o grande), fare una promessa a se stessi come una missione personale. Ed è questo il pensiero che ha mosso Fausta Tragni, 30enne e dipendente del bar all’interno dell’ospedale Perinei, gestito da Vito Tafuni e Mary Facendola. Porre una cassetta delle lettere in cui, a discrezione, chiunque possa affidare i propri pensieri e auguri, dopo la pausa caffè.
L’iniziativa ha avuto da subito un ottimo riscontro, ne abbiamo parlato con gli ideatori.
Ci parlate dell’iniziativa? Come è nata?
L’iniziativa è nata prima di Natale, ci incuriosiva sia l’idea di conoscere i pensieri inerenti al Natale, sia cosa pensassero dell’ospedale e quali fossero le aspettative dopo la pandemia. Il Covid ci ha cambiato, ha cambiato le persone e noi questa cosa la percepiamo.
Come sta rispondendo il pubblico? Quante lettere avete raccolto?
Quando abbiamo deciso di mettere la buca delle lettere per i buoni propositi, il pubblico era magicamente entusiasta. Sembravano essere tornati bambini quando il Natale era una magica atmosfera, dove tutto poteva accadere. La nostra buca delle lettere è molto piena. Ogni settimana leggiamo i buoni propositi che sono più che altro desideri. Scegliamo quello che per noi è il più essenziale o addirittura meraviglioso, pubblicandolo sulla nostra enorme lavagna del menù presente nel bar. Cerchiamo di creare quella magia della speranza e del desiderio. Le età di chi scrive sono diverse, le lettere sono di bambini, adulti e anziani in modo trasversale. Gli anziani che per un attimo tornano bambini, forse è la cosa più bella che i nostri occhi hanno visto finora.
Secondo voi, la gente ha bisogno di esternare i propri pensieri?
La gente che passa nel bar ha bisogno di essere ascoltata e non solo. Ha bisogno di una parola gentile, di un sorriso strappato al volo, di educazione e gentilezza. Valori che un pò si sono persi.
Il vostro è un lavoro a contatto con il pubblico ma i vostri clienti sono anche pazienti e operatori sanitari, il momento del caffè è la pausa dal lavoro o dalla sofferenza. Come vi comportate con loro?
Lavorare nel bar dell’ospedale è, come dice mia figlia, simile a mangiare una liquirizia: tieni dentro sia il dolce che l’amaro. Credo renda l’idea, vivi in empatia con tutti, può sembrare impegnativo ma è meraviglioso.
La nostra rubrica settimanale “Storie dal Perinei” nasce con l’intento di dare voce alle tante testimonianze di chi transita nell’ospedale. C’è una storia che le è rimasta impressa?
Sicuramente il bellissimo pensiero di Francesco per la sua amica disabile. Ma anche quello di un bambino (foto in galleria) che ha chiesto a Babbo Natale di far ritornare nel suo paese, l’Ucraina, l’amico Ivan. Per fortuna, è un desiderio che presto verrà esaudito perchè sappiamo che il bambino presto potrà tornare a casa.