Parlare di violenza di genere vuol dire muoversi su un terreno delicatissimo, anche se è una tematica molto discussa dopo gli ultimi spiacevoli fatti di cronaca. Purtroppo, per quanto ci si possa indignare, volere tutti fortemente un cambio di rotta, esprimere una propria opinione al riguardo, è difficile mettersi nei panni di chi ha vissuto in prima persona uno o più episodi di violenza. Ecco perché abbiamo dato voce (in anonimo) ad una donna vittima di violenza fisica e psicologica che ha voluto raccontare la sua storia. Fortunatamente, è una storia a lieto fine ma che ha lasciato dei segni e può invitare tutti a più di una riflessione. Di seguito il racconto.
“Avevo 19 anni ed era il 2013 quando ho conosciuto un ragazzo del mio paese. L’incontro è avvenuto in chiesa, ci siamo da subito trovati a parlare perchè avevamo la passione in comune del teatro. Inoltre, entrambi avevamo la stessa idea di scelta dell’Università. E’ nato un sentimento tra noi e una semirelazione serena, in cui ci siamo conosciuti, per un anno. Avevamo tante passioni e interessi in comune, stavamo sempre insieme. Era la mia prima esperienza sentimentale e pian piano è cresciuto l’affetto tra noi.
Ho scoperto poi, con l’andare della frequentazione, che questo ragazzo aveva un carattere particolare. Alternava momenti tranquilli ad attacchi d’ira non verso di me ma verso gli altri, era in perenne conflitto con il mondo. Però non ci ho dato troppo peso perchè l’associavo anche alla sua famiglia di provenienza, molto diversa dalla mia anche dal punto di vista economico. Piano piano è stato un crescendo d’insulti anche nei miei confronti. Non ero libera di vestirmi come volevo, di truccarmi, di mettere il profumo o i tacchi. Gradualmente e con vari raggiri, mi ha messo contro gli amici e non voleva che parlassi con gli altri. Sia donne che uomini.
Non c’è stato un vero e proprio episodio scatenante ma è stato un crescendo che mi ha portata ad essere succube di lui. Ha fatto crescere in me il senso di colpa anche per il mio aspetto fisico. Lui mi controllava in tutto, anche dal punto di vista sessuale.
Mi sono sentita spesso un oggetto, parte dell’arredo e non una persona. Mi ha fatto credere di non valere niente e di essere qualcuno solo grazie a lui. Ero molto innamorata di lui che, contemporaneamente alla nostra frequentazione, aveva altre relazioni parallele e mi ha tradita diverse volte. Io l’ho sempre perdonato. Lui si vergognava di me e di farsi vedere in giro con me. Quando poi uscivamo con gli amici ha usato più volte violenza anche davanti agli altri. Calci, pugni, offese. Quelli che consideravo amici, però, non mi difendevano. Forse per paura o semplicemente menefreghismo. Nessuno è mai intervenuto per difendermi e mi sono spesso convinta di meritarmi quel trattamento. Ora posso dire, dopo un lungo lavoro di analisi, che la violenza che aveva nei miei confronti era quella di un narcisista che voleva il completo controllo su di me.
Alcuni conoscenti, in quel periodo, mi hanno detto che il rapporto tra noi non era sano ma io l’avevo normalizzato e giustificavo qualsiasi comportamento. Pensavo che era stressato e dovevo capirlo. Decideva sempre lui quando mostrarsi insieme a me. Pensavo che volesse il mio bene e che sarebbe cambiato prima o poi. Parlavamo anche di una vita futura insieme.
Mi sono ribellata dopo 6 anni di relazione quando voleva impedirmi di frequentare la sua stessa università a Pavia, a detta sua non ero capace. Abbiamo per un periodo lavorato nello stesso posto ed è successo un episodio che mi ha portata a reagire. Sul posto di lavoro una persona ha assistito agli insulti pesanti che mi rivolgeva e ad un’aggressione. Mi ha detto di essere stata male per me, di non aver dormito la notte a pensare a quelle offese. Così ho capito che non poteva andare avanti e che era sbagliato continuare. Dovevo riprendere la mia vita in mano.
Volevo andare all’università che avevo scelto e costruirmi una carriera e anche mio padre mi spronava in quella direzione. Dopo averlo lasciato, mi ha più volte supplicata di tornare insieme anche piangendo al telefono. Io a quel punto sono stata più forte e l’ho minacciato di andare dai Carabinieri e di voler avvisare la madre se non mi avesse lasciata in pace.
Ha continuano per molto tempo a contattarmi e a sminuirmi. In un paio di occasioni ho avuto paura che mi facesse ancora del male. Io avevo ripreso consapevolezza di me stessa e mi ha salvata l’idea di voler reagire e di voler essere per una volta protagonista della mia vita. Ho creduto, per la prima volta, di poter avere una vita anche senza di lui. Lui si considerava bello, intelligente, il migliore ma aveva un grande disturbo della personalità. Non voleva farsi aiutare.
Questo periodo per me è il più duro perchè si parla tantissimo, e per fortuna, delle violenze contro le donne e del caso della povera Giulia. Mi sono rivista tanto in lei. Per fortuna ho capito che non poteva andare avanti in quel modo. Adesso ho ancora degli incubi se ripenso a quel periodo. Lui ha minato tanto la mia autostima, con lui ero sempre triste. Se dovessi dare un consiglio agli altri, e anche alla me stessa del passato, direi di parlarne con qualcuno che vi vuole davvero bene. Vivere determinate situazioni è diverso, leggo e sento troppi giudizi facili dalla gente ma la verità è che non è tutto così semplice e razionale. Però bisogna reagire prima che sia troppo tardi. La mia reazione è stata anche allontanarmi dai posti che frequentavo con lui ed evitare ogni situazione in cui potessi incontrarlo.
Ora sono più serena e frequento un’altra persona, totalmente diversa e chi mi fa sentire importante e speciale. Ho la passione per la scrittura, mi aiuta ad esprimere me stessa, quello che sento e a sentirmi finalmente libera”.